Ti vorrei raccontare di New York presentandotela come la realizzazione di un sogno nel cassetto, un desiderio talmente grande che pensavo fosse impossibile da realizzare. Fin da piccola mi immaginavo intenta a passeggiare per le strade immense di questa metropoli americana che tutti pensiamo di conoscere già, tante sono le volte in cui ci viene proposta nelle serie tv e nei film.
Natale a New York: il nostro desiderio che si avvera
Da quando Luca ed io ci siamo fidanzati nel lontano 2014, ne abbiamo fatti di viaggi in Europa e ogni partenza era il momento di coppia che preferivamo. Siamo stati sempre in sintonia su tutto, specialmente in vacanza. Eravamo appena andati a convivere e sentivamo che quello era il momento giusto per regalarci un viaggio oltreoceano, da improntare proprio nel periodo che piace a noi, a fine novembre.
Avremmo assistito all’accensione dell’albero di Natale a Rockefeller, avremmo approfittato degli sconti pazzi nella settimana del Black Friday e avremmo trascorso una serata a Broadway per assistere ad un musical natalizio. Non stavo nella pelle! Sapere che l’itinerario perfetto che avevo delineato sarebbe divenuto realtà, mi spinse a dirlo a chiunque: “Hey, il prossimo mese voliamo nella Grande Mela!!!”
Avevo prenotato un volo Alitalia a soli 450euro a/r ciascuno e un hotel fighissimo, il Boro Hotel, a Long Island City, una zona economica ben collegata con Manhattan. Al termine dei sei giorni spesi a NY, il treno panoramico dell’Amtrak ci avrebbe condotti a Washington, dove avremmo trascorso le ultime due notti statunitensi.
Ti vorrei raccontare che quando siamo partiti eravamo più uniti e felici che mai, invece non era così. Ultimamente eravamo distanti ed ogni scusa era buona per discutere. Ero convinta che il viaggio sarebbe stato terapeutico per entrambi, perché eravamo solo un po’ stressati.
Ti vorrei dire che col senno di poi avevo ragione, invece durante la nostra permanenza sono stati molti i momenti in cui ci siamo portati il muso. Eppure eravamo nella città dei nostri sogni! Sapevamo di amarci, ma in quel momento non riuscivamo a dimostrarlo.
Il primo giorno nella Grande Mela
Il ricordo più bello che ho di tutto il soggiorno è la mattina seguente al nostro arrivo. Ci siamo svegliati nel nostro letto king size e ho pensato che fosse il letto più comodo ed avvolgente in cui avessi mai dormito! Ci siamo subito diretti ad Harlem e dopo un donut e un cappuccino volanti, abbiamo preso parte ad una VERA Messa Gospel nella Salem United Methodist Church. Ero troppo emozionata! Non ho voluto sedermi sulle panche in fondo, come la maggior parte dei turisti presenti. Ho preso per mano Luca e ci siamo mescolati alle persone del posto, nelle prime file, battendo le mani a ritmo di musica e scambiando quattro chiacchiere con i vicini di posto. Ero commossa!
Usciti dalla chiesa, la tappa successiva è stata un brunch presso l’iconico Sylvia’s Restaurant, il paradiso del soul food. Qui abbiamo mangiato dallo stesso piatto pollo fritto e waffles, il tutto accompagnato da musica dal vivo stile Aretha Franklin. Dopo il lauto pasto, una sosta di fronte all’Apollo Theatre e una visita alla maestosa Cattedrale di St.John the Divine. Il pomeriggio ci siamo spostati verso Central Park, dove è stato possibile ammirare gli strascichi del foliage e fare un foto lungo il Bow Bridge, il ponte degli innamorati. Ho pensato che quella era stata una giornata perfetta.
Il secondo giorno nella Grande Mela
Il giorno seguente siamo andati alla scoperta di una zona che avevo fino a poco tempo prima sottovalutato: Chelsea. Qui abbiamo visitato il Chelsea Market e poi ci siamo addentrati nel parco costruito sulla High Line, una vecchia ferrovia. Eravamo sereni ed affiatati. Durante la passeggiata ci siamo seduti sulla 10th Avenue Overlook, la celebre gradinata da cui si ammira il traffico sulla 10th Avenue per una breve pausa ristoratrice.
Nel pomeriggio avevamo in programma di salire in cima al Top Of The Rock per osservare il panorama al tramonto. Ero fermamente convinta che lì avrei ricevuto una proposta di matrimonio. Tutto ciò non aveva delle basi concrete, era solo frutto della mia mente contorta. Per me doveva andare così. La cosa buffa è che, una volta arrivati in cima, ho davvero assistito ad una proposta di matrimonio, ma non era la mia.
Da lì ho ammirato il panorama più bello della mia vita, ma con il broncio. E con lo stesso broncio che arrivava fino alla punta dei piedi, siamo scesi e abbiamo visitato Rockefeller Centre e la magnifica pista di pattinaggio. Abbiamo assistito al sorprendente gioco di luci di Saks sulla 5th Avenue e fatto un po’ di shopping. Mentre passeggiavamo, una parte di me non voleva rovinare tutto per sciocchi motivi di litigio, ma all’altra parte di me, sempre in cerca di conferme, questa mancata occasione non era andata proprio giù.
Mi ricordo che poco dopo Luca postò una foto di noi in cima al Top of the Rock sui social e mia mamma subito mi scrisse un messaggio: “cos’è che non va? Goditi il momento!”. Guardandomi attraverso lo schermo di uno smartphone aveva capito che in quel frangente non ero in me. Stavo vivendo un sogno ad occhi aperti ma non riuscivo a godermela fino in fondo.
Il terzo giorno nella Grande Mela
Il terzo giorno eravamo pronti a percorrere altri 30 km a piedi per visitare l’Empire State Building e il quartiere di Brooklyn. La mattina all’Empire era partita bene, ma poi, mentre passeggiavamo per la zona residenziale di Brooklyn, dalle tipiche case coi mattoncini rossi, abbiamo affrontato il discorso matrimonio.
Luca era convinto che anche senza quello, saremmo stati una famiglia lo stesso. Fondamentalmente la pensavo come lui, ma essendo perennemente insicura ho pensato che non mi amasse abbastanza. Le nostre non sono state discussioni accese, ma per la prima volta abbiamo mangiato senza neanche rivolgerci parola.
Dopo aver percorso il ponte, abbiamo visitato il 9/11 Memorial and Museum presso il World Trade Center ed infine ci siamo inoltrati nelle vie di Chinatown e Little Italy.
Quella sera abbiamo fatto pace e dopo una cena veloce in un diner in pieno stile americano, siamo andati a letto presto ripromettendoci di vivere il resto del viaggio con lo spirito giusto. Quello era il nostro momento, non potevamo rovinarlo con futili discussioni.
Ti vorrei raccontare dei giorni successivi…
Ti vorrei raccontare di come poi le cose siano migliorate e delle giornate successive trascorse visitando Liberty Island ed Ellis Island, il Moma e il Guggenheim e della magica serata a Broadway. Purtroppo però, un seguito non c’è stato. L’occasione per riscattare il nostro viaggio non ci è stata data.
Quel mattino infatti, alle 4.30 Luca ha ricevuto la telefonata più brutta della sua vita. La notizia che più si teme quando si è lontani da casa: il suo papà non c’era più. Quell’uomo in forma, che ci aveva accompagnato all’aeroporto con la sua auto e aveva scattato una foto all’aereo mentre eravamo in volo, non era più con noi. I momenti che si sono susseguiti poi, non voglio raccontarteli perché riaprirebbero una ferita troppo dolorosa.
La scena che non riesco a cancellare dalla testa è quella che ci ritrae seduti in un’auto di Uber mentre ci dirigiamo in aeroporto, con in sottofondo musica natalizia e l’autista che ci chiede se NY ci sia piaciuta.
Avrei voluto riavvolgere il nastro e vivere tutti i giorni precedenti diversamente. Mi sono sentita in colpa, perché nonostante il destino fosse stato tremendamente crudele con noi e soprattutto con Luca, avevamo avuto l’occasione di stare bene e non eravamo stati in grado di sfruttarla in pieno.
New York ci ha lasciato l’amaro in bocca ma ci ha insegnato molto
Quello che abbiamo vissuto ci ha segnato profondamente e ogni qualvolta progettiamo un viaggio, non lo facciamo con la leggerezza di un tempo. Oggi, a distanza di quattro anni, dobbiamo ancora far pace con la meravigliosa New York, dove speriamo di poter tornare presto con il nostro bambino.
Se ti ho raccontato questo episodio della nostra vita non è né per deprimerti, né per insegnarti qualcosa perché non sono nessuno per farlo. È per darti una testimonianza e farti riflettere ancora una volta su quanto la vita sia imprevedibile. Nel giro di una settimana abbiamo toccato il cielo con un dito e siamo sprofondati nel baratro della disperazione.
Oggi più che mai, in tutte le situazioni che ci troviamo a vivere, il nostro motto è “Cogli l’attimo!”.
Ti prometto che questo sarà l’unico articolo malinconico che troverai nel blog, da questo momento torno ad essere la Marta sognatrice, sbadata, ironica e solare che hai imparato a conoscere in questi mesi.